Tutto il sistema della previdenza è in via di profondo cambiamento. Tutte le riforme che la hanno interessato, dagli anni 90 in poi, si sono rese necessarie poiché il progressivo aumento dell’età media della popolazione, associato ad un calo della natalità, non rendevano più sostenibile il sistema della previdenza obbligatoria pubblica. Trattandosi di un sistema a ripartizione l’equilibrio si ottiene quando le entrate (i contributi dei lavoratori) sono bilanciate dalle uscite (le pensioni). Nonostante il progressivo innalzamento dell’età di pensionamento, per mantenere questo equilibrio si è resi necessari degli interventi porteranno ad una riduzione delle prestazioni previdenziali. Infatti per i lavoratori che ricadono nel sistema di calcolo contributivo si prevedono dei tassi di sostituzione, ovvero rapporto tra prestazione pensionistica e ultima retribuzione, di circa il 50-60 percento, ben lontani dai tassi dell’80 percento di chi ricadeva nel calcolo retributivo. Al primo pilastro previdenziale, quello obbligatorio, è relegato il compito di garantire solo un minimo vitale.
La necessità di creare un secondo pilastro previdenziale, quello complementare, ha portato all’emanazione di specifiche leggi. Nonostante ciò, l’adesione dei lavoratori a sistemi di previdenza complementare, siano essi fondi negoziali (o contrattuali), fondi aperti o fondi personali, risulta ancora molto bassa.